Una storia d’amore inusuale, un tuffo nella fantasia e non solo, Assolutamente da vedere
La forma dell’acqua

di Maria Rita Monaco | 5 marzo 2018
Guillermo del Toro, che sarà presidente della giuria a Venezia 75, ha presentato a Venezia 74 “La forma dell’acqua” accolto con successo da pubblico e una consistente parte di critica (non tutta ovviamente). Il film ha vinto il Leone d’oro e ha collezionato ben 13 nomination all’Oscar del 4 marzo per: regia, sceneggiatura originale, attrice protagonista, scenografia, attrice non protagonista, attore non protagonista, colonna sonora originale, fotografia, costumi, sonoro.
Una storia d’amore con tantissimi riferimenti sia filmici che musicali, un allarme per l’uso irresponsabile dell’uomo nei confronti di mari e oceani, un monito a non turbare gli equilibri dell’eco sistema.
Riscrive una fiaba (La bella e la bestia) e finisce il capitolo iniziato da altri, proprio negli anni ‘60 (Il mostro della laguna nera). Situa la sua fiaba in uno dei momenti della guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, (lo spauracchio dei missili a Cuba) e la corsa alla conquista dello spazio è in pieno fermento e gli scienziati ricorrono a tutte le loro risorse per arrivare primi. Favole sì ma con un substrato storico, già con Il Labirinto del fauno aveva ambientato la sua opera al tempo della guerra spagnola.
Per portare avanti la sua storia si serve di un gruppetto di “diversi” in quell’America degli anni sessanta in cui la supremazia bianca era scontata, sottolineandone l’emarginazione verso gay, handicappati e neri: un pittore gay (Richard Jenkins), due donne delle pulizie di una certa età Elisa /Sally Hawkins (muta) e Zelda /Octavia Spencer nera, o secondo il politicamente corretto di colore che lavorano in una base militare e una strana creatura trovata in un fiume dell’Amazzonia , laddove era venerata come un dio e che adesso si trova in una base militare studiata dagli scienziati, fluttuante in un’enorme piscina cilindrica.
I militari tengono in vita la creatura acquatica forse per mandarla in orbita, c’è perfino una spia sovietica (uno scienziato) che avrà una parte importante nel sogno di Elisa . Elisa nella pausa pranzo entra nel laboratorio segreto, cerca di comunicare con la creatura, compie atti gentili, gli fa ascoltare musica, scopre, a poco a poco, che quell’essere che vive nell’acqua ma può anche sopravvivere all’aria è intelligente e, fatalmente. se ne innamora.
A questo punto , come in tutte le fiabe, c’è la netta divisione fra buoni e cattivi e mentre si corona il sogno d’amore fra Elisa e l’ibrido, chiarendo finalmente, qualora ce ne fosse ancora bisogno, gli amori tra “belle e bestie”,fra corse contro il tempo, pioggia battente, inseguimenti, si conclude la fuga, la fiaba con un finale che non è certo a sorpresa ma di una tenerezza resa ancora più bella dalla fotografia e dalla fantasia.
Maria Rita Monaco